martedì 19 giugno 2012

perdere tempo

E' sempre così, tipo montagne russe, tipo eterno ritorno.
Non so più che farmene delle parole. Le giro, le rigiro e mi sembrano rotte, da aggiustare in continuazione. Alcuni pezzi si sfaldano tra le mani, altri, pieni di polvere, lasciano una patina di incomprensione sulle dita che si portano dietro lo sporco di ciò che non viene colto.
Io sono ancora qui, libero di sentirmi in catene.
Io sono ancora qui, in attesa di una svolta che è reale quanto il castello della disney.
Io sono ancora qui, ma sono altrove, senza esserci davvero.
Questo altrove che non esiste perché frutto di un accordo immaginario con l'idea che mi sono fatto di te.
Mi sto squamando, e ogni volta i pezzi si ricostruiscono da soli, sempre più deboli, sempre più fragili. Il nostro rapporto nel tempo assomiglia alla differenza che c'è tra i vecchi elettrodomestici (prima) saldi e duraturi, e quelli nuovi (poi), che sono progettati per distruggersi in breve tempo. Per essere consumati.
Ho nostalgia di qualcosa di luccicante, forte e resistente come il marmo. Ho nostalgia di qualcosa di elegante, tenue e leggero come la seta.
La mia barca si allontana dalla tempesta, e non c'è nessuno all'orizzonte. Sono solo, il cielo è limpido e tira una brezza sconfortante, fatta di grida e odore di spazzatura. A volte remo senza sosta, ma la riva è sempre lontana. So cosa voglio, ma so anche che nessuno è d'accordo, tantomeno tu.
E questo è triste.